Girare un documentario, si sa, non è cosa semplice. C’è bisogno di raccontare una storia attraverso le giuste immagini, scegliere le testimonianze adatte e lavorare su un lungo e snervante montaggio, al fine di creare un prodotto interessante e dal giusto ritmo.
Ogni volta che ho partecipato alla produzione di un documentario il problema principale non era tanto intervistare i testimoni, ma indurli a raccontare ciò che volevamo fargli raccontare, a fargli dire, insomma, ciò che volevamo sentire, ciò che avremmo inserito nel montaggio finale.
Per raggiungere questo obiettivo esistono una serie di tecniche e di consigli che permettono di ottenere il meglio dalle persone intervistate, cercando di creare un ritmo narrativo quanto più vicino allo schema che ci siamo prefissati in fase di progettazione del documentario (parleremo di questo in un altro articolo).
Identificatevi nell’intervistato
Spesso, quando si fa questo lavoro, si tende a mantenere una certa distanza, una sorta di muro invisibile tra di noi e la persona con cui stiamo avendo una conversazione. In questa operazione, metterci dietro la telecamera non aiuta per nulla, anzi.
Una delle prime cose da fare quando si prepara un’intervista è studiare a fondo la persona con cui dovremo relazionarci, nei limiti del possibile, si intenda.
Costruire un rapporto empatico con la persona intervistata serve a meglio definire la storia, ma soprattutto il profilo culturale del soggetto e gli obiettivi che vogliamo raggiungere con la storia che stiamo raccontando. Sia che il nostro interlocutore sia un industriale in pensione che si tratti di un abitante di un villaggio africano di 30 persone, dovremo cercare di avvicinarci quanto più possibile al suo mondo, al suo pensiero, alla sua cultura.
Abbiate la giusta dose di curiosità
Se state girando un documentario, sopratutto se mossi da un’interesse e da un budget personale, significa che avete un grande interesse e una curiosità riguardo il soggetto scelto. Nonostante voi possiate già conoscere una buona parte dell’argomento trattato, cercate sempre di vestirvi da ignoranti. Scegliete la strada della “non conoscenza” e imparate da capo quello che le persone intervistate hanno da insegnarvi. Questo genererà una serie di domande oneste e genuine e vi permetterà di creare una linea continuativa nel discorso del vostro intervistato.
Se già dimostrate di saperne abbastanza, perché una persona dovrebbe raccontare tutto quello che sa per il vostro documentario?
Ascoltate il vostro interlocutore
Nonostante il lavoro del videomaker sia pieno di attività da portare a termine, molte delle quali a cui provvediamo senza alcun aiuto, non dobbiamo dimenticare che siamo lì per raccontare una storia ma, soprattutto, per scoprire qualcosa di nuovo e che ancora non conosciamo.
Lo spirito della scoperta deve muovere il vostro interesse. Se, per esempio, il vostro interlocutore sta parlando di argomenti in modo generale, non abbiate timore di chiedere informazioni più specifiche come, ad esempio, “puoi farmi un esempio di questa cosa?” oppure “come funziona questa cosa nel dettaglio?”.
Cercate di avere una conversazione con il vostro interlocutore senza porre una lista di domande anonime e senza un’apparente coordinazione. Durante la vostra conversazione vi renderete conto di voler fare molte più domande alla persona intervistata, domande che non avevate mai pensato di preparare a casa o in studio.
Decidete in anticipo quale sarà la vostra base narrativa
Se c’è una cosa terribile quando devo montare un’intervista è quella situzione in cui ho a disposizione una risposta interessante ma non ho a disposizione una buona partenza.
Cercate sempre di definire in anticipo se nel vostro racconto avrete un narratore, una voce fuori campo o un riferimento grafico che anticipi il tema o la domanda stessa che ponete all’intervistato. In caso contrario è giusto istruire l’intervistato a dare una risposta completa.
Ad esempio se la domanda è: “Qual’è stato l’evento che da bambino ti ha fatto desiderare di diventare un astronauta?”, la risposta del nostro intervistato in assenza di un narratore dovrà necessariamente cominciare così: “Sin da bambino ho desiderato di diventare un’astronauta…”.
Può sembrare macchinoso, ma risolve davvero tanti problemi in fase di editing.
Fate domande a risposta aperta
In generale, è giusto seguire le regole del giornalismo (le classiche 5 W le trovate qui), ma è importante porre le domande nel modo giusto in modo da impedire all’intervistato di rispondere con un secco “sì” o “no”.
Ad esempio, cercate di evitare di chiedere qualcosa come “deve essere stato complicato partecipare a quell’evento da solo…” ma chiedete “come le è venuto in mente di partecipare da solo a quell’evento?”. In questo modo aumenterete le possibilità di avere una risposta personale, ricca di informazioni ed emotivamente valida.
Altre domande come “…e poi cos’è successo?”, “che cosa intende con questa cosa?”, “può farmi un esempio?”, “in che modo ha raggiunto questo risultato?” possono risultare banali ma colgono a pieno la necessità di intrattenere una conversazione con qualcuno.
Queste domande renderanno il rapporto con la persona intervistata più naturale e meno “organizzato”.